13 maggio 2013

Randocrazia

Anni fa, vedendo l'ennesima composizione disastrosa del governo, mi resi conto che se avessimo tirato a sorte i vari ministri tra tutta la popolazione italiana non avremmo potuto fare peggio. Per esempio la probabilità di avere Calderoli e Brunetta contemporaneamente, sarebbe stata inferiore a 1 su 417mila miliardi, è molto più facile vincere al lotto.
Quello che era nato come uno scherzo (come le mie idee sul campo di deconcentramento di cui prima o poi parlerò) scoprii poi che aveva non solo una sua validità, ma anche un fondamento storico.
Pare infatti che nell'antica Atene (avete presente, i padri della democrazia, quelli che non permettevano alle donne di guardare gli eventi sportivi, sempre meglio degli uomini di oggi che invece le costringono a vedere la partita), l'elezione casuale fosse di uso comune, i presidenti giornalieri dei vari organi dello stato erano sempre sorteggiati casualmente e i membri della bulè (una sorta di magistratura) erano a loro volta scelti casualmente con il "metodo della fava" (non ho ben capito in cosa consista tale metodo, ma non credo si prendessero a pisellate). Il rischio principale nel candidarsi era dato dalla pratica dell'ostracismo, svolgendo una carica politica importante e rivelandosi indegni o incapaci, si rischiava di essere esiliati dalla città (e ai tempi era meglio morire, almeno così sosteneva Socrate). In un certo senso le elezioni venivano fatte non per eleggere ma per mandare a casa.
A differenza di quanto molti pensano, la democrazia non è necessariamente definita dalla presenza di libere elezioni, infatti la monarchia elettiva (tipica di molte culture barbare o del vaticano) non è assimilabile ad una democrazia anche se tali elezioni fossero fatte a suffragio universale, in quanto negherebbe uno dei principi fondamentali, ovvero la possibilità di cambiare governo (senza dover aspettare eventi naturali come la morte per vecchiaia o l'omicidio). Infatti per assurdo una tirannia assoluta, in cui l'unico potere del popolo è quello di revocare il tiranno, potrebbe essere considerata una democrazia. Tra le varie condizioni che vengono usate per stabilire se uno stato è democratico o meno, esiste quella per cui ci deve essere stato almeno un cambio di governo del tipo ABA (come le rime nelle poesie), ovvero un governo A soppiantato da un governo B che a sua volta viene sostituito di nuovo da A (ma va bene anche C), con questo criterio l'Italia è diventata democratica solo nel 1994 (grazie a Berlusconi, incredibile ma vero ha portato la democrazia in Italia, senza usare bombe, ammirevole direi).
Per i sistemi elettorali invece i problemi crescono, in primo luogo perché chi dovrebbe decidere per un buon sistema non ha nessun interesse a farlo (i sistemi buoni pare che funzionino, quindi non sono manovrabili, quindi c'è il rischio che non mi rieleggano), oltretutto l'intera cosa porta sempre e comunque a dei paradossi (paradosso di Condorcet).
In linea di massima un buon sistema elettorale di preferenze deve soddisfare i seguenti principi (direttamente da wikipedia):
  • Universalità (o dominio non ristretto): la funzione di scelta sociale dovrebbe creare un ordinamento delle preferenze sociali deterministico e completo, a partire da qualsiasi insieme iniziale di preferenze individuali.
  • Non imposizione (o sovranità del cittadino): qualsiasi possibile preferenza sociale deve essere raggiungibile a partire da un appropriato insieme di preferenze individuali.
  • Non dittatorialità: la funzione di scelta sociale non deve semplicemente seguire l'ordinamento delle preferenze di un individuo o un sottoinsieme di individui, al contempo ignorando le preferenze degli altri;
  • Monotonicità, o associazione positiva tra i valori individuali e sociali: se un individuo modifica il proprio ordinamento di preferenze promuovendo una data opzione, la funzione di scelta sociale deve promuovere tale opzione o restare invariata, ma non può assegnare a tale opzione una preferenza minore (nessun individuo dovrebbe essere in grado di esprimersi contro un'opzione assegnandole una preferenza maggiore);
  • Indipendenza dalle alternative irrilevanti: se si confina l'attenzione ad un sottoinsieme di opzioni, e la funzione di scelta sociale è applicata ad esse soltanto, il risultato deve essere compatibile con il caso in cui la funzione di scelta sociale è applicata all'intero set di alternative possibili.
Tradotto in maniera brutale (ed inesatta)
  • Universalità: in un modo o nell'altro si trova sempre un vincitore (il premio di maggioranza serve proprio per favorire tale principio)
  • Non imposizione: ogni risultato deve poter essere raggiunto in qualche maniera.
  • Non dittatorialità: tutti i voti sono buoni e devono essere inseriti.
  • Monotonicità: ovvero se prendo più voti il sistema deve riconoscermelo.
  • Indipendenza dalle alternative irrilevanti: se si aggiungono partiti insensati (Feudalesimo e Libertà) la loro presenza non dovrebbe alterare il risultato finale.
Tenendo conto che tali principi sono incompatili per un qualsiasi sistema elettorale che abbia più di 2 votanti e più di 3 scelte possibili (è stato dimostrato in maniera matematica), l'obiettivo è trovarne uno accettabile e non uno perfetto. Quindi perché non fare elezioni casuali? Oltretutto rispetterebbero un bel pò di quei principi.
Delle elezioni randomiche soddisferebbero sicuramente il principio generale in cui il governo cambia, la probabilità che rimanga uguale tra una legislatura e l'altra è talmente bassa da essere ridicola (una scimmia con una macchina da scrivere ha più probabilità di scrivere Il Codice da Vinci, aspetta mi sa che è già accaduto).
Ovviamente rispetta anche il principio di universalità, un vincitore lo si trova sempre.
Il principio di non imposizione è magistralmente soddisfatto, chiunque è eleggibile in qualsiasi caso.
Sulla non dittatorialità non credo si comporti benissimo, il risultato finale dipende solo e soltanto dalle preferenze dei sorteggiati e se ne strafrega di tutti gli altri, anche se si potrebbe dire che tutti sono stati presi in considerazione in potenza.
La monotonicità è invece parzialmente rispettata, in quanto, se qualcuno cambia opinione, il risultato finale ne sarà influenzato (anche se solo in base probabilistica e questi principi in realtà si dovrebbero applicare solo su sistemi deterministici).
Sull'indipendenza dalle alternative irrilevanti invece casca male, in quanto praticamente tutti sono irrilevanti e tutti sono eleggibili.
I due principi non rispettati, dittatorialità e alternative irrilevanti, possono essere calmierati da delle effettive votazioni per mandare a casa gli indesiderati (con ovviamente dei quorum da stabilire, ed una maggioranza da raggiungere). Volendo tale voto di sfiducia potrebbe comportare anche delle pene, in modo da far desistere i consapevoli di essere inadeguati dall'intraprendere la carriera politica (si suppone che si possa sempre rinunciare all'incarico).

Ovviamente tali principi vengono soddisfatti solo e soltanto contravvenendo all'ipotesi di base, ovvero che il sistema si basi sulle preferenze espresse, qui nessuno esprime niente. Comunque dalla teoria dei grandi numeri (facilmente applicabile in quanto consideriamo milioni di persone) tale sistema garantisce un'ottima proporzionalità (non fatevi ingannare dal premio di maggioranza è palesemente ingiusto in quanto lede il principio di monotonicità, delle alternative irrilevanti e quello di dittatorialità), un basso tasso di inciuci, poca professionalità (la famosa casalinga di Voghera che si ritrova a fare il ministro delle finanze, non so perché ma mi sembra più affidabile di Tremonti, almeno lei sa quanto costa il pane al chilo).

Curiosamente qualche mese fa su Le Scienze è uscito un articolo che parla proprio della randocrazia, anche se in versione annacquata e con funzione di controllo sui grandi partiti (insomma se da un lato i partiti sono diventati due, al centro ed indistinguibili tra loro per accalappiare più voti possibili, noi li freghiamo mettendoci gente a caso).